Da San Pellegrino la battaglia per riconoscere legalmente il caregiver: "Serve un aiuto economico"
Dalla realtà virtuale alla robotica passando per la terapia del dolore, le complicanze osteoporotiche e le valutazioni nutrizionali. Un convegno a San Pellegrino Terme, presso il centro congressi del Bigio sabato 1 ottobre, che ha messo al centro le malattie neurologiche, l'assistenza e la riabilitazione. A fare da trait d'union la figura del caregiver – rappresentata da moltissime associazioni e caregiver stessi presenti – a cui è stata dedicata una conferenza stampa post convegno, il tutto promosso da Associazione Genesis e Istituto Clinico Quarenghi con il patrocinio de La Rete (Associazioni Riunite per il Trauma Cranico e le gravi Cerebrolesioni Acquisite) e del Ministero della Salute.
Nel mezzo di una giornata ricchissima di contenuti c'è stato anche tempo per consegnare il Premio Genesis “Città di San Pellegrino” all'onorevole e neurologa Fabiola Bologna per il suo importante impegno politico nel porre con forza l'accento sui temi legati alle disabilità. L'ultima delle sue azioni la mozione parlamentare (a fianco de La Rete) sulle gravi cerebrolesioni acquisite, che ha ottenuto l'approvazione all'unanimità dal Governo a ottobre 2021. “Per me è davvero un grande onore ricevere questo premio – dichiara una emozionatissima Bologna – . In qualsiasi ruolo ci troviamo, noi medici dobbiamo sempre dare il meglio. Questa è la chiave della nostra professione: il rispetto del bene comune e degli altri”.
“Quando si ammala una persona si ammala tutta la famiglia – spiega il dottor Giampietro Salvi, presidente dell'Associazione Genesis, in apertura della conferenza stampa -. Queste persone non devono essere trattate come 'pacchi postali' e i familiari devono essere aiutati, fanno un lavoro importante. Si sacrificano e fanno quello che dovrebbe fare lo Stato. Il loro è un impegno che può durare anche 20-30 anni e le Associazioni forniscono loro supporto psicologico e formativo”.
Una figura, quella del caregiver, non ancora riconosciuta giuridicamente. Ed è proprio questo uno dei temi cardine della conferenza. “Il caregiver – fa sapere Salvi, leggendo la 'Carta di San Pellegrino' (un testo condiviso dalle Associazioni dei familiari e redatto proprio a San Pellegrino Terme) – ha bisogno di sostegno economico e va inquadrato come lavoratore che svolge mansioni usuranti. Può essere un familiare o un'altra persone condivisa dalla famiglia. Se in una famiglia l'unica persona che porta reddito deve fare il caregiver, come può andare avanti?”.
E dire che negli anni scorsi qualcosa si era mosso. Ora con il nuovo governo “si troverà sicuramente il modo per portare avanti il discorso. Non vogliamo ricominciare da zero” sottolinea l'onorevole Bologna, che però non sarà presenta nella prossima legislatura. “Ci sono diverse proposte di legge per la figura del caregiver, ma non siamo riusciti a portarle avanti. Dobbiamo riconoscere alle famiglie un valore economico. Sicuramente in questa battaglia il ruolo delle associazioni è cruciale”.
Ma non tutta l'Italia si trova nella stessa situazione: “In Emilia Romagna – spiega Fulvio de Nigris, direttore del Centro Studi ricerca sul coma “Gli amici di Luca” di Bologna – ci siamo mossi con la Regione, essendo la sanità di sua competenza e ora abbiamo una legge sul caregiver, che però non è finanziata. Dobbiamo cercare di sollecitare progetti per una nuova domiciliarità, perché quando le famiglie tornano a casa non hanno dei riferimenti”. E propone invece una “omogeneizzazione dei livelli di assistenza” Antonio de Tanti del Centro C.Ferrari Fontanellato, sostenendo come sia “necessario avere pari dignità per tutte le cerebrolesioni. Non esiste che ci siano lesioni patologiche di serie A e di serie B”.
“Ma fino a quando noi dobbiamo riabilitare il paziente? - si chiede altresì Maria Grazia Inzaghi, neuropsicologa all'Istituto Quarenghi e docente all'Università del Sacro Cuore – : Fino a quando può migliorare! Il danno cognitivo e comportamentale sono in gran parte riabilitabili, ma non ci sono strutture ambulatoriali. Nemmeno in una grande città come Milano. E senza considerare poi i problemi di inserimento lavorativo e scolastico”.
Ma in un panorama mondiale dove l'Italia è e vuole essere un modello di riferimento (in altri Paesi come quelli anglosassoni, ad esempio, le persone con gravi cerebrolesioni non vengono seguite come da noi e ovviamente non esiste nemmeno la figura del caregiver) Matilde Leonardi, neurologa e direttrice del Centro Studi Ricerca sul Coma, traccia la “via italiana”: “I pazienti vivono molto in questo Paese e, dopo il caso Eluana Englaro, abbiamo imparato a gestire meglio le lungodegenze. La presenza del caregiver favorisce il recupero del paziente, tanto è vero che senza questa figura durante il Covid si sono registrare diverse regressioni. Oggi – prosegue Leonardi – abbiamo meno finanziamenti perché buona parte stanno andando sulla ricerca per il Covid. La 'via italiana' è una via di ricerca differente; seguiamo il paziente dalla fase acuta a quella cronica. In Italia abbiamo già tutto, il nostro è uno dei Paesi di riferimento a livello mondiale”.
E per continuare ad esserlo, un ruolo chiave lo giocano certamente le nuove tecnologie, come i robot utilizzati nella neurorabilitazione, che dovrebbero diventare “mutuabili”, come ha sottolineato Stefano Mazzoleni, docente di Bioingegneria presso il Politecnico di Bari: “I risultati sulla tecnologia a servizio del paziente sono davvero incoraggianti. La ricerca prosegue, ma ha bisogno di fondi specifici". E senza dimenticare – chiosa Salvi – "che i risultati della ricerca vadano poi a favore delle persone".